Voglio pubblicamente ringraziare il Direttore del Distretto Sanitario dell'Area Distrettuale 1 della ASL2ABRUZZO Dr Renato Lisio perché dall'azienda che ha risolto subito un problema sulle nuove divise che non rispettavano la mia identità di genere.
Dall'appalto del guardaroba sono arrivate di recente le nuove divise, che recano in calce oltre la qualifica anche cognome e nome del dipendente, nel mio caso non quello di elezione ma quello anagrafico.
Io sono Francesca e riportavano invece il mio nome anagrafico al maschile.
In Italia il CCNL 2019-21, a tutt'oggi in essere, prevede per il comparto Sanitario e per la dirigenza sanitaria la attivazione della procedura ALIAS o dello Pseudonimo a garanzia del diritto ad essere riconosciute col nome di scelta.
La procedura ALIAS è una forma di tutela del dipendente che abbia iniziato un percorso per l'autodeterminazione del proprio Genere, anche medicalizzato, e serve ad evitare che vada incontro a situazioni di disagio e stress durante il servizio.
La procedura ALIAS serve a tutelare il dipendente durante il servizio istituzionale finché le autorità competenti rilascino documenti rettificati aggiornati e definitivi.
A quel punto si applica la legge 194 e, con i documenti nuovi, l'azienda riconosce lo status quo del dipendente.
Nel mio caso si è trattato di una svista di chi compila automaticamente gli elenchi del personale ed è uscito il mio nome anagrafico sulle nuove divise.
Io avevo già da tempo richiesto l'attivazione della Carriera Alias (13/06/2023).
Nelle more di cio che è accaduto, in attesa che la procedura da me iniziata si perfezioni, scrive il Direttore del Distretto Sanitario in cui lavoro, io potrò lavorare con una divisa generica finché non mi arrivi la divisa recante il mio nome di elezione.
Le scrivo questo perché i diritti sindacali di noi persone LGBTI nella sanità sono ancora molto pochi.
Manca ancora la possibilità di avere un Bilancio di genere M/F ed LGBTI come terza categoria unificata (dati i probabili piccoli numeri).
Manca il completo diritto al riconoscimento della genitorialità, che anzi è ostacolata dalla legge 40, perfino dalla legge sulle Unioni Civili e purtroppo da quella contro la GPA.
Manca anche la chiarezza del diritto di fare Coming Out e di essere visibili come persone LGBTI in Sanità. Questo diritto fondamentale, che andrebbe sancito nel CCNL e nelle Deontologie professionali è fondamentale per garantire supporto contro maltrattamenti o Mobbing.
Al contrario, purtroppo, osserviamo negli USA la teoria di Trump per cui, al momento solo i militari transgender, sarebbero persone indegne.
L'indegnità delle persone è uno strumento moralista e politico abusato in passato anche contro le Donne.
È necessario che in Italia si chiarisca che noi persone LGBTI ed in particolare noi persone Transgender siamo persone degne e che abbiamo diritto ad essere visibili e soprattutto abbiamo diritto al supporto alla nostra identità di genere o orientamento sessuale di minoranza.
Mancano questi, ma esiste invece il diritto a non essere licenziati perché LGBTI, norma ribadita anche nel famigerato Jobs Act, e soprattutto abbiamo diritto in Sanità e per gli Statali alla procedura ALIAS.
Ringrazio quindi ancora il mio direttore, non solo per avere applicato in tempi brevissimi la legge, ma anche per la sensibilità mostrata nel merito e spero che questa lettera incoraggi altre persone Transgender o Intersessuali che lavorino in Sanità o come Statali a fare richiesta per reclamare il proprio diritto al Nome di Scelta.
Francesca Acquaviva
Infermiera
Socia Amigay aps
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